Visto che nella sezione modding manca del tutto qualsiasi riferimento ai circuiti delle box DIY, mi è venuta l'idea di iniziare una discussione in merito a questo aspetto.
Partirò dal basso, ovvero da circuiti minimali per le cosiddette "box meccaniche", presentando soluzioni via via più sofisticate.


Il circuito minimalista: troppo minimalista.

La possibilità più semplice che viene in mente è quella di ridurre il circuito elettrico di una box ad un semplice interruttore monostabile (un pulsante) interposto tra la batteria e l'attacco 510, più o meno co
me nella seguente figura
Circuitotropposemplice.jpg

La croce sopra il disegno indica che si tratta di una soluzione assolutamente sconsigliata, vediamo il perché. Se montiamo una resistenza da 0.1 Ohm, a cella LiIon completamente carica, la corrente erogata quando si schiaccia il pulsante si avvicina pericolosamente ai 40 A, in funzione della resistenza interna della cella che stiamo usando mentre con una resistenza da 0.2 Ohm si arriva intorno ai 20 A. Si rende pertanto necessario usare un pulsante che garantisca di reggere correnti di qualche decina di A. Bene, pulsanti del genere esistono anche, ma non sono come uno si aspetterebbe: hanno dimensioni grandi, diciamo non meno di 50 x 30 x 15 mm e costano parecchio. Ce ne sono anche di più piccoli (non troppo) ma non adatti ad un uso continuo e con resistenze di contatto piuttosto elevate (50 mOhm è abbastanza comune). Siccome di solito nei meccanici si vuole risparmiare spazio, si è portati a scegliere pulsanti piccoli fatti per correnti inferiori (solitamente qualche Ampere) e ciò è piuttosto pericoloso in quanto il pulsante si surriscalda quando fà passare corrente e c'è il rischio concreto che quando lo si rilascia, tra i contatti si sviluppi un arco elettrico. Ciò porta alla possibile fusione dei contatti (o parte di essi) con il rischio che l'interruttore rimanga definitivamente in posizione ON con tutte le conseguenze del caso.
Se il pulsante ha una resistenza interna di 50 mOhm, a 20 A deve dissipare 20W e quindi immaginate la temperatura che raggiungerà al suo interno.

Il vero circuito minimalista

Il problema si supera utilizzando un interruttore allo stato solido, ovvero un transistor particolare noto come MOSFET. Si tratta di un componente elettronico a 3 terminali, due dei quali (Source e Drain) si collegano alla linea di corrente, esattamente come si fà con un interruttore, mentre il terzo terminale (Gate) serve a controllare l'interruttore: se collegato al polo negativo l'interruttore è spento (posizione OFF), se collegato al positivo l'interruttore si accende (posizione ON). Per passare da uno stato all'altro si usa un piccolo interruttore meccanico che stavolta deve portare correnti molto piccole e ciò non costituisce un problema.

Riporto nel disegno che segue lo schema del circuito con MOSFET di tipo N.

Circuito 0.jpg schema (2).png

Si osservi che oltre al MOSFET (in alto a sinistra, quello con 3 piedini) è necessario aggiungere una piccola resistenza da 15 kOhm tra il Gate ed il Source. Quando il pulsante non è premuto, tale resistenza collega il gate con il polo negativo della batteria. Non essendoci circolazione di corrente tra gate e source, la tensione al gate è esattamente uguale alla tensione al polo negativo della batteria. Premendo il pulsante il gate viene collegato direttamente al polo positivo della batteria e ciò mette in conduzione il MOSFET ovvero permette la circolazione di corrente tra Drain e Source.

Con questa soluzione l'interruttore deve portare corrente per pochissimo tempo, diciamo qualche milionesimo di secondo o anche meno, fintanto che non si il gate non è carico, dopodichè la corrente di gate sarà nulla (o dell'ordine dei picoAmperes). In linea di principio sarebbe una buona idea mettere una piccola resistenza (20-1000 Ohm) in serie con il gate in modo da limitare la corrente massima nel gate, ma ho notato che nessuno la mette, probabilmente proprio per la brevità di tempo in cui tale corrente circola.

La corrente principale, quella che attraversa la coil deve passare tra Source e Drain del MOSFET e pertanto è necessario scegliere un MOSFET adeguato. Le scelte più diffuse sono il MOSFET IRL3103 da 54 A continui ed il MOSFET IRLB 3034 da 343 A, in realtà da 195 A. Il primo costa poco più di un €, il secondo si paga intorno ai 3€. Consiglio vivamente il secondo e non solo per la maggior capacità di corrente ma perché ha una tensione di soglia tra Gate e Source ed una resistenza interna (RDSON) più bassa del primo. In parole semplici, quando l'interruttore è premuto la resistenza interna tra D ed S dell' IRLB 3034 sarà molto più bassa di quella dell' IRL3103 con la conseguenza che scalderà molto meno. Non pensiate che già i 54A dell'IRL3103 sono troppi per voi, perché quella corrente è tollerabile solo se il MOSFET è adeguatamente raffreddato mediante l'installazione di un ingombrante dissipatore, che nessuno vuole ovviamente mettere nella box.

N.B.
Se la box destinata a contenere il circuito è di metallo, con lo schema considerato nasce un problema. Il corpo del connettore 510 funge da polo negativo ed è elettricamente collegato all'involucro metallico della box. Se la box fosse collegata al polo negativo della batteria, il connettore sarebbe sempre alimentato e quindi pulsante e mosfet verrebbero scavalcati. Siccome può essere conveniente usare l'involucro metallico della box come polo negativo (come nelle automobili), in questo caso si preferisce inserire il Mosfet ( di tipo P-channel) sul polo positivo.



Qualcuno aggiunge al circuito un interruttore bistabile ON/OFF tipicamente di quelli a scorrimento. Si tratta di una ulteriore sicurezza necessaria se il pulsante fire è troppo sensibile ovvero se c'è il rischio di premerlo inavvertitamente ad esempio quando è in tasca. Se però lo switch si mette dentro la box, come fanno alcuni, in pratica non lo si userà mai. In linea di principio dovrebbe essere accessibile dall'esterno ma non troppo facilmente.

Altri aggiungono al circuito un fusibile (magari autoripristinante) per limitare la massima corrente erogabile. Può essere una buona idea ma non è semplicissimo sceglierne la portata. Ad esempio, si potrebbe mettere un comune fusibile da 20A per uso automobilistico (di solito con l'involucro giallo) ma senza illudersi che a 30 A stacchi immediatamente: ci possono volere anche 5 secondi a 30A prima che si interrompa. Purtroppo non serve a nulla nei confronti delle attivazioni accidentali e credo che possa essere utile solo nei confronti dei cortocircuiti se messo il più vicino possibile ai poli della batteria.


Un'aggiunta indubbiamente utile è un piccolo led che si accende durante l'erogazione fintanto che la cella ha una tensione minima di sicurezza.
Ad esempio, supponendo di avere una sola cella 18650, scegliendo opportunamente un led con caduta di tensione di 2.4 V (di solido i led verdi) messo in serie con un diodo con caduta di 0.7 V ed una resistenza da 400/500 Ohm il tutto collegato tra i due terminali del 510. Così facendo, quando la cella è appena caricata, il led emetterà una luce ad alta intensità che andrà scemando man mano che la cella si scarica, fino a spegnersi completamente intorno ai 3 Volt. La scelta giusta del led e del resistore necessita di un pò di sperimentazione affinché il diodo non sia eccessivamente luminoso a cella completamente carica e, soprattutto, non si spenga troppo tardi, ovvero quando la cella è scesa sotto il livello di guardia. Lo spazio occupato dai tre componenti aggiuntivi è davvero piccolo anche usando componenti con terminali a filo. Usando componenti SMD si può ridurre lo spazio occupato a circa mm3, davvero nulla. Tra l'altro il led da 3mm di diametro scomparirebbe completamente nello spessore dell'involucro della box non occupando alcuno spazio interno.

Ecco lo schema del circuito completo di interruttore principale, fusibile e LED.

Circuito 0+.jpg


Al posto del led, se si è disposti a sacrificare un pò di spazio, si può adoperare un voltmetro con un piccolo display led a 3 cifre. Ne esistono versioni a due soli fili e comprato in Cina lo si paga poco più di un Euro.




Eccovi lo schemo elettrico nel caso si usi un Mosfet P-channel


P-Mosfet.png

Pro e contro del minimalismo

Un circuito minimalista ha due vantaggi: occupa pochissimo spazio ed ha la massima efficienza nel senso che praticamente tutta l'energia che la cella è in grado di fornire viene usata per scaldare la coil (solo una quota piccolissima viene dissipata dal Mosfet).

A fronte di ciò gli svantaggi sono enormi:
  • svapata inconsistente in quanto la cella (o le celle) man mano che si scarica perde tensione. Ad esempio usando una coil da 1 Ohm, a cella appena caricata verranno erogati circa 16W, mentre a cella quasi scarica ci si avvicina ai 9W.
  • Per cambiare l'esperienza di vaping bisogna cambiare coil in quanto nessuna regolazione è permessa. Sarà la resistenza della coil e lo stato di carica della cella a determinare la potenza di vaping.
  • Nessuna protezione nei confronti delle attivazioni accidentali: se la box viene inavvertitamente attivata mentre è in tasca o in una valigia continuerà ad erogare bruciando la wick, forse la coil, producendo un fumerone e, nel peggiore dei casi prenderà fuoco o esploderanno le batterie.
  • Nessuna protezione nei confronti delle batterie se non per i cortocircuiti se si usano i fusibili. La batteria può pericolosamente scendere sotto la tensione di guardia.



Note.

Pulsante fire. Esistono centinaia di modelli con prezzi dimensioni molto differenti e con diversi sistemi di montaggio. E' importante che il pulsante sia duraturo e possibilmente con protezione IP68 ovvero protetto dalla polvere e dai liquidi in modo da minimizzare la possibilità che si blocchi in posizione ON. Inoltre non deve essere troppo sensibile ovvero deve servire una forza abbastanza grande per attivarlo, direi non meno di 300 g (3 N). Badate di scegliere un pulsante di tipo NO (normally open= normalmente aperto). Se sfogliate il catalogo Mouser (Interruttori a pulsante | Mouser) selezionando All Products>Electromechanical>Switches>Pushbutton Switches, potete farvi un idea di quanto esiste sul mercato, del prezzo e delle prestazioni.
Per filtrare i pulsanti utili potete selezionare: Contact Form = SPST e Mounting Style = Panel, oltre che un IP rating uguale o superiore all'IP65
Non preoccupatevi troppo della massima corrente sopportabile che non ne serve molta.

Collegamenti elettrici. I collegamenti ringrossati nel disegno sopra ovvero i due fili che escono dalla batteria e quello che collega il 510 al mosfet, devono essere di sezione non inferiore a 1.5mm2 .
Con tale sezione un cavo elettrico può portare 17A indefinitamente. Per quei 5 secondi che dura un tiro può portare ragionevolmente anche il doppio senza scaldarsi troppo.


Un circuito serio

Quello che segue è un circuito classico che si usa in diversi contesti; io, ad esempio, lo uso come interruttore e protezione da inversione di polarità nei robot che costruisco (tutti alimentati da pacchi di batterie LiPo).


Screenshot (1).jpg


Potete osservare che qui, a differenza dei circuiti precedenti, ci sono due MOSFET tipo N (PSMN1R0-30YLC) , invece che uno solo. Ciò garantisce che l'interruttore funziona in entrambi i sensi ovvero anche se per errore invertissimo la polarità delle celle. Con ciò non voglio dire che le celle si possono inserire come si vuole, dico invece che se si sbaglia la polarità non passa corrente (nemmeno premendo il pulsante) evitando così di bruciare la coil.
Nel circuito c'è anche un fusibile per proteggere le batterie da un eventuale corto circuito sul lato carico. I due mosfet indicati reggono 100 A nella concezione originale del circuito, ma usandolo con una sola cella la tensione al gate è troppo bassa per permettere correnti così alte, la qual cosa costituisce una sicurezza in più. Infatti il circuito funziona molto bene fintanto che la tensione di ingresso (della batteria) è superiore a 2.8 V mentre smette praticamente di funzionare (non passa più corrente nemmeno a pulsante premuto) sotto i 2.2V.

Potrebbe sembrare che 2 mosfet + 2 resistenze occupino molto spazio, ma in realtà i mosfet che ho usato sono piccolissimi e per le resistenze si possono usare quelle piccolissime per montaggio smd. Con un pò di cura, il tutto (escluso il pulsante ed il fusibile) potrebbe occupare una superficie di 12mm x 8mm e spessore di circa 3 mm.


Circuiti regolati

Se si vuole variare la potenza di erogazione a proprio piacimento, senza quindi che l'esperienza di svapo sia legata unicamente alla resistenza della coil ed alla curva di scarica delle LiIon, si può adottare un circuito in grado di regolare la tensione.

La prima idea che viene in mente a chi non ha pratica di circuiti è quella di usare una resistenza variabile in serie con la coil, si veda la parte (A) della figura che segue. Si può certamente fare ma la resistenza in serie dissipa inutilmente una frazione della potenza erogata dalla cella. Una soluzione più sofisticata ma altrettanto inefficiente, parte (B) di figura, è quella di pilotare il gate del mosfet mediante un potenziometro. In questo caso si ottiene solo che la potenza viene dissipata dal mosfet invece che dal potenziometro. Diciamo che se uno fosse disposto ad accettare un rendimento molto basso, la soluzione B sarebbe meglio in quanto un mosfet di potenza è in grado di dissipare energia molto meglio di un potenziometro perlomeno a parità di costo dei componenti.

pessime.png


La soluzione vera al problema è quella di un regolatore.
In commercio si trovano regolatori buck, boost ed anche buck-boost combinati.
Un regolatore buck, detto anche step-down, è in grado di fornire in uscita un'ampia gamma di tensioni comprese tra un minimo ed un massimo mai superiore alla tensione di alimentazione. Ad esempio, usando una sola cella LiIon come alimentazione, un circuito buck sarà in grado di erogare potenza a tensioni comprese tra 1V (o anche meno) e la tensione della cella sotto carico, diciamo 3/3.5V per fissare le idee.
Se usiamo due LiIon in serie potremo avere a in uscita tensioni regolate fino a 6/7 Volt circa. Molti regolatori buck erogano a tensioni comprese tra 0.5V e 6 V sempre che la tensione di ingresso sia maggiore o uguale a 6V. I regolatori buck possono raggiungere efficienze molto elevate, anche superiori al 90%. L'efficienza non è costante ma dipende dalla tensione di ingresso e quella di uscita. L'efficienza massima, talvolta superiore al 95% si ha quando la tensione di uscita è di poco inferiore a quella di entrata.

Un regolatore boost è in grado di erogare potenza anche a tensioni superiori a quella di alimentazione e con una cella LiIon da 3.7V si possono tipicamente ottenere tensioni di uscita tra 1V e 9V. I regolatori Boost sono meno efficienti dei Buck, tipicamente inferiori al 90% potendo raggiungere anche valori molto più bassi (60/70%).


Circuiti buck molto usati dai modders sono la serie Naos Raptor di General Electric e la serie Okami di Murata.

I Naos Raptor esistono in diverse versioni: da 10, 20, 30 50 ed anche più Ampere, forniscono in uscita tensioni nell'intervallo 0.59 - 6.0 V e richiedono una tensione di ingresso minima di 4.5V. La tensione di uscita si varia facendo variare una resistenza (usando quindi un potenziometro).

Gli Okami sono disponibili nelle versioni da 10,20 e 30 40 e 60 A e forniscono tensioni tra 0.59 e 5.5 V.

I più gettonati sono

1) OKL T/20 da 100W e 20A di Murata (12 € circa) , ingombro 33x14x9 mm
2) NSR020A0X43Z di General Electric (18€ circa) da 120W e 20A, ingombro 37x18x10 mm circa



Entrambi richiedono una tensione di ingresso minima di 4.5V e quindi necessitano di almeno 2 celle di alimentazione che possono essere 2x18650 oppure 2x18350 o ancora un pacco LiPo 2s.
Entrambi hanno la protezione nei confronti di un cortocircuito del carico, di un eccesso di corrente e del surriscaldamento del circuito stesso.


Molto interessante è anche
3) Murata OKL-T/6-W12P-C (8€ circa), circuito da 30W/6A miniaturizzato che misura 12x12x7 mm.



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