Quella lontana mattina nell’immenso ufficio-magazzino di Babbo Natale l’aria era terribilmente elettrica ed il nervosismo talmente palpabile da materializzarsi quasi in una densa nube, pronta ad essere tagliata a fette. Ad essere sinceri le ragioni c’erano tutte, ma proprio tutte. Accidenti, la situazione era veramente critica. Mancava solo un giorno a Natale ed il magazzino era ancora stracolmo di regali da recapitare, senza che nessuno potesse muovere un dito! I guai erano incominciati già da alcuni giorni quando a causa di un forte virus tutte le renne di Babbo Natale, ad una ad una, si erano ammalate in preda a fortissimi mal di pancia con relative abbondanti evacuazioni, costrette quindi a rimanere forzatamente nelle stalle. Povere bestie, che pena vederle ridotte così che non si reggevano neanche in piedi …. Quando poi si dice che i guai non vengono mai da soli, ecco che il giorno prima era andata irrimediabilmente e definitivamente fuori uso la grande slitta a cui, dopo miliardi di chilometri, si erano rotti irreparabilmente i pattini, ed il navigatore satellitare aveva la pass scaduta (a quell’epoca Babbo Natale era l’unico ad averlo). A dire il vero Babbo Natale era stato già avvisato dal suo meccanico di fiducia che la slitta aveva i giorni contati se non fosse entrata in officina, ed il navigatore era ormai fuori garanzia. Ma il Santo uomo, pieno fino alla barba bianca di impegni, aveva deciso di rischiare ed arrangiarsi così fino alla fine delle feste. Ma per la grande slitta ormai non c’era più niente da fare e si era irrimediabilmente bloccata, non avendo neanche un pattino di scorta. Poi senza navigatore il buon Barbabianca si sarebbe perso fatalmente tra i continenti, oceani, tetti e comignoli. A questo punto gli unici che potevano in un certo modo risolvere il problema rimboccandosi le maniche, erano i piccoli, amabili ma vivaci aiutanti di Babbo Natale: gli Gnomi. Ma figurarsi, mai fidarsi di quei piccoli paraculo .… Appena avuto il sentore del lavoro che si prospettava loro, questi piccoli e simpatici sfaccendati, grandissimi furbastri, strutturalmente bighelloni e scansafatiche, con una rapida e vicendevole occhiata avevano trovato tra loro rapidamente e tacitamente l’accordo; nessuno il giorno dopo si sarebbe presentato perchè dati tutti malati (all’epoca ancora non c’era la caccia al fannullone della Madia) e l’unico medico di controllo disponibile dell’Asl, un pediatra, era di servizio a Betlemme. Quella mattina della vigilia di Natale e di buon’ora Babbo Natale alzò la serranda ed aprì da solo il suo ufficio-deposito; aveva un’aria terribilmente depressa, avvilita, funerea ed incazzato nero da far rabbrividire e fuggire il Diavolo in persona. Tra Gnomi assenti e paraculo, slitta fuori uso, renne con la diarrea, la ciliegina sulla torta dei guai e tanto per chiudere in bellezza, era stata quella notte in bianco che Babbo Natale aveva passato, non avendo letteralmente chiuso occhio a causa di un terrificante mal di denti che non gli aveva dato tregua. Tra lo sconfortato e l’infuriato si buttò a peso morto sulla prima sedia che trovò a portata di mano. Guardò l’enorme montagna di regali ancora da consegnare e non nascondo che per un attimo pensò anche di procurarsi una tanica e dare fuoco all’intero deposito così da giustificare le mancate consegne. Proprio mentre stava montando sempre più in lui la rabbia, in quel momento, si spalancò la porta dell’ufficio e comparve un giovane Angelo, con un grande abete sulle spalle. Anche il bellissimo, biondo e riccioluto Angelo doveva averle di traverso quella mattina perchè, gettato in malo modo l’abete per terra davanti ai piedi di Babbo Natale, sbottò e l’apostrofò con arroganza : “Senti un po’ tu nonnetto, una volta per tutte, mi son rotto le scatole e si sono pure rovinate le mie ali. Sia ben chiaro che dal prossimo Natale questo coso te lo porti tu da solo!!
Adesso dimmi solo dove lo metto...
Fu così che nacque la tradizione dell’angelo in cima all’albero di Natale!
(Enzo Toscano)