Silvia iStick
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Per una volta tradisco Bach, ma neanche tanto…
L'Inverno, la mia Stagione preferita
Sonetto d'apertura dell'Inverno e Concerto in fa minore per violino, archi e continuo "L'Inverno", Op. 8 n. 4. Antonio Vivaldi
Allegro non molto
Agghiacciato tremar tra nevi algenti
Al severo spirar d'orrido Vento,
Correr battendo i piedi ogni momento;
E pel soverchio gel batter i denti;
Largo
Passar' al foco di quieti e contenti
Mentre la pioggia fuor bagna ben cento.
Camminar sopra 'l ghiaccio, e
a passo lento
Per timor di cader girsene intenti;
Allegro
Gir forte, sdruccievole, cader
a terra
Di nuovo ir sopra 'l giaccio e
Correr forte
Sin che 'l ghiaccio si rompe, e si disserra;
Sentir uscir dalle ferrate porte Scirocco, Borea e tutti i Venti in guerra.
Quest'è 'l Verno, ma tal che gioja apporte.
Gli intarsi strumentali del violino sono uno spettacolo: quello della musica che si batte contro la natura e prevale sugli elementi lasciandoci, dopo pochi minuti di arte e di invenzione, avvolti in una coperta calda. Se ne accorse anche Bach, il quale si lasciò più volte contaminare dal compositore e violinista italiano, cittadino della Repubblica di Venezia, per tutta la sua vita, dal 1678 al 1741. Non soltanto lo splendore delle sue creazioni aveva attirato l’attenzione di Bach, ma anche la capacità di Vivaldi di incidere nella storia strumentale dell’epoca, con lo sguardo dell’innovatore, trasformandola in una narrazione più moderna, con uno o più solisti: violino, violoncello, oboe, fagotto.
La mia esecuzione preferita, tra le molte disponibili su YouTube, è questa appassionata lettura dell’ensemble “Voices of Music”, un complesso statunitense di specialisti di musica antica, tra l’altro solitamente sono solo donne (qui dieci su dodici)
La Freivogel è assolutamente eccezionale.
Un suggerimento: già dall’attacco dell’Allegro non molto, mettete il volume a manetta, immergendovi totalmente nei suoni. Avrete davvero la sensazione che la musica sciolga l’inverno come neve al sole
Note dei musicologi
"Dell’inverno vivaldiano, il primo movimento, l’Allegro non molto, descrive le sensazioni di tremito causate dal gelo più intenso. Nessuna melodia, all’inizio: solo un insieme di note puntate che rende in modo efficace l’effetto desiderato. «La sensazione dell’arrivo dell’inverno», spiega Laura Pietrantoni, filologa musicale, «è dato da un incipit caratterizzato da aspre dissonanze: un’articolazione secca che si scioglie nervosamente nelle sembianze della furia del vento e del gelo delle membra», in modo quasi programmatico, seguendo il sonetto che ispira il Concerto (“Agghiacciato tremar tra nevi algenti”).
Il «Largo» successivo, pensato dal compositore per descrivere la pioggia, è considerato una delle più belle pagine del “Prete rosso”: non soltanto per lo squarcio melodico iniziale, ma anche, scrive l’Accademia di Santa Cecilia, «per la calda, umanissima, nuova melodia che sorge dall’insieme orchestrale e che ci conforta mentre le gocce di pioggia (descritte con i pizzicati dei violini) rimbalzano lontane».
Il movimento finale del Concerto, «Allegro», è incredibilmente legato all’ultima parte del Sonetto, che pur senza velleità poetiche di alta scuola, ha guidato la fantasia di Vivaldi in modo quasi impressionistico: «… sentir uscir dalle ferrate porte / Sirocco, Bora e tutti i venti in guerra / quest’è ‘l verno, ma tal, che gioja apporte», dove si può quasi osservare – suggerisce ancora la studiosa vivaldiana – che «fuori la musica “scivola” sul ghiaccio ed è in balia dei venti ma, nonostante il freddo, continua con i suoi ritmi, i suoi giochi e la capacità di stupire»."
L'Inverno, la mia Stagione preferita
Sonetto d'apertura dell'Inverno e Concerto in fa minore per violino, archi e continuo "L'Inverno", Op. 8 n. 4. Antonio Vivaldi
Allegro non molto
Agghiacciato tremar tra nevi algenti
Al severo spirar d'orrido Vento,
Correr battendo i piedi ogni momento;
E pel soverchio gel batter i denti;
Largo
Passar' al foco di quieti e contenti
Mentre la pioggia fuor bagna ben cento.
Camminar sopra 'l ghiaccio, e
a passo lento
Per timor di cader girsene intenti;
Allegro
Gir forte, sdruccievole, cader
a terra
Di nuovo ir sopra 'l giaccio e
Correr forte
Sin che 'l ghiaccio si rompe, e si disserra;
Sentir uscir dalle ferrate porte Scirocco, Borea e tutti i Venti in guerra.
Quest'è 'l Verno, ma tal che gioja apporte.
Gli intarsi strumentali del violino sono uno spettacolo: quello della musica che si batte contro la natura e prevale sugli elementi lasciandoci, dopo pochi minuti di arte e di invenzione, avvolti in una coperta calda. Se ne accorse anche Bach, il quale si lasciò più volte contaminare dal compositore e violinista italiano, cittadino della Repubblica di Venezia, per tutta la sua vita, dal 1678 al 1741. Non soltanto lo splendore delle sue creazioni aveva attirato l’attenzione di Bach, ma anche la capacità di Vivaldi di incidere nella storia strumentale dell’epoca, con lo sguardo dell’innovatore, trasformandola in una narrazione più moderna, con uno o più solisti: violino, violoncello, oboe, fagotto.
La mia esecuzione preferita, tra le molte disponibili su YouTube, è questa appassionata lettura dell’ensemble “Voices of Music”, un complesso statunitense di specialisti di musica antica, tra l’altro solitamente sono solo donne (qui dieci su dodici)
La Freivogel è assolutamente eccezionale.
Un suggerimento: già dall’attacco dell’Allegro non molto, mettete il volume a manetta, immergendovi totalmente nei suoni. Avrete davvero la sensazione che la musica sciolga l’inverno come neve al sole
Note dei musicologi
"Dell’inverno vivaldiano, il primo movimento, l’Allegro non molto, descrive le sensazioni di tremito causate dal gelo più intenso. Nessuna melodia, all’inizio: solo un insieme di note puntate che rende in modo efficace l’effetto desiderato. «La sensazione dell’arrivo dell’inverno», spiega Laura Pietrantoni, filologa musicale, «è dato da un incipit caratterizzato da aspre dissonanze: un’articolazione secca che si scioglie nervosamente nelle sembianze della furia del vento e del gelo delle membra», in modo quasi programmatico, seguendo il sonetto che ispira il Concerto (“Agghiacciato tremar tra nevi algenti”).
Il «Largo» successivo, pensato dal compositore per descrivere la pioggia, è considerato una delle più belle pagine del “Prete rosso”: non soltanto per lo squarcio melodico iniziale, ma anche, scrive l’Accademia di Santa Cecilia, «per la calda, umanissima, nuova melodia che sorge dall’insieme orchestrale e che ci conforta mentre le gocce di pioggia (descritte con i pizzicati dei violini) rimbalzano lontane».
Il movimento finale del Concerto, «Allegro», è incredibilmente legato all’ultima parte del Sonetto, che pur senza velleità poetiche di alta scuola, ha guidato la fantasia di Vivaldi in modo quasi impressionistico: «… sentir uscir dalle ferrate porte / Sirocco, Bora e tutti i venti in guerra / quest’è ‘l verno, ma tal, che gioja apporte», dove si può quasi osservare – suggerisce ancora la studiosa vivaldiana – che «fuori la musica “scivola” sul ghiaccio ed è in balia dei venti ma, nonostante il freddo, continua con i suoi ritmi, i suoi giochi e la capacità di stupire»."
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