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La strana storia della sigaretta elettronica
Ha avuto più successo un brutto tubetto a vapore che tante nobili campagne contro il fumo. Bene comunque. L’obiettivo è ridurre i danni delle sigarette, soprattutto tra i giovani: non appuntarsi medaglie sul petto.
Il problema, infatti, esiste e resiste. Se non credete alle cifre – il 22,3% degli italiani fuma, solo 1,5% meno di dieci anni fa – fatevi un giro fuori da una discoteca o in un reparto di pneumologia. Certo, qualcosa è stato fatto. Il divieto di fumo nei luoghi pubblici (legge Sirchia) è tra i provvedimenti migliori dei governi Berlusconi, insieme alle norme sullo stalking (legge Carfagna). A dimostrazione che quando s’impegna – oppure si distrae? – anche il Cavalier Catastrofe ne imbrocca qualcuna.
Il successo commerciale delle sigarette elettroniche, nate in Cina nel 2003, è sotto gli occhi di tutti. I negozi che le vendono spuntano come funghi, e gli “svaporatori” appaiono nei luoghi più impensati, felici della loro nuova impunità. Mantengono gestualità e ritualità; e credono di ridurre i danni. Non fumo – ho smesso trent’anni fa – ma conosco molti fumatori accaniti. Gli adulti m’immalinconiscono, i ragazzi mi preoccupano. Ben vengano le novità, se servono ad aiutarli.
E’ vero: mancano test scientifici approfonditi (avanti, cosa si aspetta?). Ed è indiscutibille: gli “svaporatori” spesso esagerano. Nei bar e nei ristoranti, dove i loro aromi non sono a tutti graditi; al cinema, dove il vapore disturba la visione. Ma il vapore, sia pure insaporito, non può fare più danno di catrame, nicotina e centinaia di schifezze assortite che il fumatore tradizionale s’infila nei polmoni. La percentuale di nicotina utilizzata nella sigaretta elettronica durante la fase di disintossicazione? Certo non fa bene. Ma resta una percentuale, no?
E’ presto per dire che abbiamo trovato la panacea antifumo, mi spiegano amici medici competenti in materia. In molti Paesi dell’Unione Europea (tra cui Belgio, Germania, Ungheria, Portogallo, Finlandia, Svezia) le sigarette elettroniche contenenti nicotina sono gestite come prodotti farmaceutici. In Francia sono regolamentate se utilizzate a scopo terapeutico. Nel Regno Unito sono in via di regolamentazione. In altri paesi (tra i quali Australia, Canada, Norvegia, Brasile, Cina, Thailandia, Singapore e Turchia) sono vietate in attesa di valutazione definitiva.
A queste lungaggini forse non è estranea l’industria del tabacco, notoriamente attiva; e neppure i governi, che con le sigarette ci guadagnano. Dieci anni fa – ricordate? – la lobby del fumo ha provato a bloccare la legge Sirchia, mobilitando tanti ingenui e alcuni furbi, secondo cui il divieto era “illiberale” (sic). Le è andata male. Tenterà ora di sabotare la sigaretta elettronica, creando difficoltà regolamentari e d’altro genere? Vedremo. Nell’attesa, s’invitano le autorità competenti a decidere. In fretta. Perché i fumatori hanno già deciso: “svaporano” soddisfatti, convinti d’aver scelto, se non il bene, almeno il male minore.
Come noi elettori il 24 febbraio, più o meno.
(dal Corriere della Sera)
Ha avuto più successo un brutto tubetto a vapore che tante nobili campagne contro il fumo. Bene comunque. L’obiettivo è ridurre i danni delle sigarette, soprattutto tra i giovani: non appuntarsi medaglie sul petto.
Il problema, infatti, esiste e resiste. Se non credete alle cifre – il 22,3% degli italiani fuma, solo 1,5% meno di dieci anni fa – fatevi un giro fuori da una discoteca o in un reparto di pneumologia. Certo, qualcosa è stato fatto. Il divieto di fumo nei luoghi pubblici (legge Sirchia) è tra i provvedimenti migliori dei governi Berlusconi, insieme alle norme sullo stalking (legge Carfagna). A dimostrazione che quando s’impegna – oppure si distrae? – anche il Cavalier Catastrofe ne imbrocca qualcuna.
Il successo commerciale delle sigarette elettroniche, nate in Cina nel 2003, è sotto gli occhi di tutti. I negozi che le vendono spuntano come funghi, e gli “svaporatori” appaiono nei luoghi più impensati, felici della loro nuova impunità. Mantengono gestualità e ritualità; e credono di ridurre i danni. Non fumo – ho smesso trent’anni fa – ma conosco molti fumatori accaniti. Gli adulti m’immalinconiscono, i ragazzi mi preoccupano. Ben vengano le novità, se servono ad aiutarli.
E’ vero: mancano test scientifici approfonditi (avanti, cosa si aspetta?). Ed è indiscutibille: gli “svaporatori” spesso esagerano. Nei bar e nei ristoranti, dove i loro aromi non sono a tutti graditi; al cinema, dove il vapore disturba la visione. Ma il vapore, sia pure insaporito, non può fare più danno di catrame, nicotina e centinaia di schifezze assortite che il fumatore tradizionale s’infila nei polmoni. La percentuale di nicotina utilizzata nella sigaretta elettronica durante la fase di disintossicazione? Certo non fa bene. Ma resta una percentuale, no?
E’ presto per dire che abbiamo trovato la panacea antifumo, mi spiegano amici medici competenti in materia. In molti Paesi dell’Unione Europea (tra cui Belgio, Germania, Ungheria, Portogallo, Finlandia, Svezia) le sigarette elettroniche contenenti nicotina sono gestite come prodotti farmaceutici. In Francia sono regolamentate se utilizzate a scopo terapeutico. Nel Regno Unito sono in via di regolamentazione. In altri paesi (tra i quali Australia, Canada, Norvegia, Brasile, Cina, Thailandia, Singapore e Turchia) sono vietate in attesa di valutazione definitiva.
A queste lungaggini forse non è estranea l’industria del tabacco, notoriamente attiva; e neppure i governi, che con le sigarette ci guadagnano. Dieci anni fa – ricordate? – la lobby del fumo ha provato a bloccare la legge Sirchia, mobilitando tanti ingenui e alcuni furbi, secondo cui il divieto era “illiberale” (sic). Le è andata male. Tenterà ora di sabotare la sigaretta elettronica, creando difficoltà regolamentari e d’altro genere? Vedremo. Nell’attesa, s’invitano le autorità competenti a decidere. In fretta. Perché i fumatori hanno già deciso: “svaporano” soddisfatti, convinti d’aver scelto, se non il bene, almeno il male minore.
Come noi elettori il 24 febbraio, più o meno.
(dal Corriere della Sera)